La fluidità testuale nelle tradizioni antico-indiane
Francesco Sferra, Università di Napoli L'Orientale
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Malgrado i testi delle tradizioni antico-indiane siano spesso oggetto di venerazione, con l’unica eccezione delle antiche raccolte vediche, le opere religiose, filosofiche e letterarie sono oggetto di cambiamenti significativi, talora anche profondi, nel corso del tempo.
I testi normativi del Dharmaśāstra prescrivono regole precise per la copiatura dei testi e l’azione del copista è equiparata ad una vera e propria liturgia, estremamente formalizzata, capace di procurare notevoli meriti spirituali. In alcune tradizioni si sottolinea il valore apotropaico dei manoscritti, che quindi non vengono mai gettati via, ma eventualmente murati per la protezione delle case o dei monasteri. La recitazione delle opere, di parti di esse o anche del loro semplice titolo è ritenuta in alcune tradizioni importantissima per ottenere un accumulo karmico positivo. Tutto ciò sembrerebbe preludere a una fedeltà ossessiva anche verso il contenuto del testo e al rispetto assoluto dell’autore, del suo stile e del suo pensiero. E invece al primato della forma del testo, della sua fissità, si oppone quello della funzione che esso è chiamato a svolgere in un determinato contesto socio-culturale, e l’attenzione si sposta dal cosa è il testo al come questo viene utilizzato.
Le opere sono talora ampliate con l’aggiunta di nuovi capitoli e la ripartizione in nuove suddivisioni. Specialmente in alcune tradizioni, per le scritture religiose più popolari si predilige il testo fluido e funzionale, cioè adattabile al contesto, sempre nuovo, in cui esso viene fruito, in opposizione al testo rigido e di difficile apprendimento, basti pensare alle forti reazioni che furono espresse dagli ambienti tradizionali indiani a partire dal XIX sec. quando si iniziarono a pubblicare le prime edizioni a stampa dei testi purāṇici.
L’intervento cerca di descrivere con maggiori dettagli questo atteggiamento culturale, fornendo anche alcuni esempi e tentando di spiegare le motivazioni e le condizioni che possono aver determinato la fortuna di questa concezione "fluida" del canone religioso e letterario dell’India antica.
Textual Fluidity in Ancient Indian Traditions
Although the texts of the ancient Indian traditions are frequently objects of veneration, most of the religious, philosophical and literary works (with the exception of ancient Vedic collections) have been subject to significant, sometimes profound, changes over time.
The texts of the Dharmaśāstra establish precise rules for copying manuscripts and the resulting work of the copyist is regarded as being equal to a liturgy, highly formalized and capable of providing significant spiritual merits. Some traditions emphasize the apotropaic value of the manuscripts, which are, as a result, never thrown away and eventually walled up to protect homes or monasteries. The recitation of the works, parts of them or even simply their title is regarded in some traditions as very important for accumulating positive karma. All of this would seem to imply utter faithfulness also to the text content as well as an absolute respect for the author, his style and thought. Instead, the primacy of the form of the text and its immutability is superseded by its function within a given sociocultural context, and attention shifts from what the text is to how it is used.
The works are sometimes expanded with the addition of new chapters and by subdividing the work into further sections. With reference to the most popular religious scriptures, it is preferred, especially in some traditions, that the text be fluid and functional, adaptable to the changing context in which it is used, as opposed to a fixed text which is difficult to learn. Regarding this, it is worth mentioning the strong reactions expressed by traditional Indian pandits starting from XIX century when the first editions of Purāṇas appeared in printed form.
This paper aims at describing this cultural attitude in more detail, providing examples and analyzing the conditions and factors that may have given rise to this "fluidity" of the religious and literary canon of ancient India.
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