"Altre nature morte, La parola innamorata." in I poeti nuovi 1976-1978, Milano, Feltrinelli, pp. 109-114
Eppure la stanchezza, simile in questo
ad una vela pesante, si riempie
alla fine del giorno,
di tutto il vento trascorso
e lentamente muove
i miei pensieri nella sera.
Così il silenzioso soffio della mente
e del sonno, disincaglia
il corpo dalla luce.
Io m’addormento in questo scafo azzurro
e già le lenzuola accarezzano l’acqua,
e già la riva è lontana.
Nella notte si curva e s’ingravida
la bianca superficie della pagina.
Ho perso un’idea, dimenticata.
Chino sul lento corso del fiume
non ho saputo trattenere il ramo intagliato
che la corrente trascinava con sé
da paesi tumulati alla sorgente del pensiero.
Popoli silenziosi li abitano
e affidano all’acqua per un dolente rito,
le loro divinità. Così io,
come un pescatore d’immagini,
sosto sulle rive e raccolgo
questi inattesi e assorti frutti
che lentamente maturano dal cuore del gorgo.
Scrivendo sdraiato
di sera spesso capita
che la penna, stordita
dal candore delle pagine,
l’abbandoni, per entrare
tra le onde calde del cuscino.
Si perdono così le parole nel letto:
la carta è una chitarra senza corde.
Passeggiando nel giardino del sonno
s’ingrossa il filo del pensiero
e dopo aver traversato le lenzuola
s’affaccia ubriaco sul foglio silenzioso.
Ma questa spiaggia è paziente
e nel suo arco dolcemente si depositano
tutti i resti che il mare non ingoia.
Allora incarto il legno fradicio,
i copertoni gonfi, le bottiglie,
per stendere con cura
il diligente elenco dei miei beni.
Non trovo nessun sasso da buttare
in questo lago. Certo di notte
è più difficile cercare sulla spiaggia
ma tutto il resto del giorno
trascorre a pesca o a spasso:
e solo adesso ricevo quiete.
Perciò alla fine è bello far fiorire
nel buio cerchi liquidi,
vederli scomparire accordando
in silenzio il loro ritmo:
immaginare la lenta discesa
della pietra sul fondo
fino a depositarsi tra le alghe
come una foglia, o come una parola
abbandonata nell’acqua.