"Paul Newman", in La gente, Torino: Einaudi, 1993, pp. 142-145
Elegante, molto ben fatta, di piglio sicuro e modi spregiudicati, dirigente d'azienda. Si chiamava Patrizia. Abitava in un appartamentino molto femminile nel centro del centro della città. Già in primavera cominciava a prendere il sole in terrazza spalmandosi di creme idradanti e profumate. Frequentava regolarmente l'istituto di bellezza, una volta per i massaggi, un'altra per la depilazione, un'altra per la cura del viso. Mangiava carote, cetrioli, yogurt e carne bianca. Gli amici maschi ne avevano una certa soggezione e nessuno di loro poteva vantarsi di aver avuto con Patrizia una larva di avventura. Quasi tutti erano convinti che lei i suoi amori andava ad inseguirli altrove, in un mondo lontano e sconosciuto e del quale la donna non faceva volutamente menzione. Come se avesse deciso di separare la sua vita in due: una parte pubblica e una privatissima. Di qua rapporti solari d'amicizia, di lavoro e di scambi intellettuali; di là slanci irrazionali, tenebrosi, fughe notturne nel sesso.
Non pochi avrebbero preferito stare dall'altra parte per godersi quanto Patrizia aveva di meglio e per risparmiarsi alcune sue fredde tiritere sulle cose del mondo. Ma tant'è: col tempo si erano abituati ad ascoltarla senza gettarle più gli occhi addosso. Patrizia sapeva che i suoi amici immaginavano di lei cose inaudite, ma li lasciava fare perché tanto mistero le creava intorno interesse e un'inquietudine in fondo divertente. Si disturbava invece quando quelli, dimentichi del fatto che lei era donna, talvolta si lasciavano cameratescamente andare in apprezzamenti pesanti verso una ragazza di passaggio.
Ma un bel giorno nell'ufficio di Patrizia entrò un giovane che somigliava al Paul Newman dei tempi d'oro. Un ingegnerino timido ma dallo sguardo penetrante, capace di far sentire nuda una donna in pelliccia. Era stato assunto dall'azienda e stava facendo il giro dei dirigenti. Patrizia tremò tutta. Aveva provato un turbamento del genere solo quella volta, tanti, tantissimi anni prima, in cui un ragazzo era riuscito a spogliarla nello squallido locale dei cassoni del condominio. Aldo, il bell'ingegnere, si accorse subito del lieve smarrimento della bella dottoressa, ma non volle sottolinearlo. La salutò sbrigativamente e se ne andò. La parte più segreta di Patrizia, quella che anche lei poco conosceva e in genere dominava, restò scombussolata da quell'incontro. Dopo appena una settimana riuscì a farsi invitare a cena nel più esclusivoristorante della città.
Aldo non la conosceva e l'idea che se n'era fatto non prevedeva certo una donna cerebrale e zeppa di giudizi così chiari sul mondo. Comunque era dotatadi una manifesta carica di sensualità; e libera da impegni sentimentali. In più, dopo la cenetta allegra in cui tutti e due s'erano sentiti a loro agio, lei l'aveva invitato a salire su in casa per un ultimo bicchierino. Tutto lasciava prevedere che avrebbero concluso insieme quella serata indimenticabile.
Fu proprio lei ad introdurre l'argomento dell'erotismo, e ne parlava come se si trattasse di un programma del computer. Senza reticenze diceva a quel ragazzo quanto lei detestasse gli uomini troppo aggressivi, che nei momenti fatidici manipolano la donna a loro piacere, del tutto sordi ai sentimenti e ai trasporti femminili e addirittura, spesso, la coprono di insulti per sentirsi più maschi. Aldo non poteva che essere d'accordo e intanto, dentro di sé, si diceva: "Nel caso, mi raccomando, fa' le cose con calma, sta' zitto e non essere prepotente come al solito!" Ma non finì di farsi queste raccomandazioni che Patrizia cominciò ad inveire anche contro quegli uomini che non fanno niente, che se ne stanno lì ad aspettare che la donna prenda le iniziative. - Un uomo del genere - diceva lei - non si cura per niente del piacere della donna. Tutto gli dovuto. Per lui la donna non che una geisha, una semplice fonte di piacere! - E Aldo faceva sì con la testa.E nello stesso tempo dava istruzioni a se stesso, nell'eventualità fosse finito a letto con Patrizia, di non starsene con le mani in mano e gli occhi chiusi come un baccalà.
Mandarono giù un altro sorso e lei riattaccò: - I peggiori, poi, sono quegli uomini che vogliono mostrare di essere i più maschi di tutti trascinando le cose per le lunghe. Quelli che per raggiungere il piacere possono star lì anche due ore. Sono disgustosi e patetici. Non fanno altro che dire alla donna: guarda quanto sono bravo! Il piacere che provano a mostrarsi bravi è superiore all'orgasmo stesso. E pessimo è quello che fa l'esatto contrario: ignorando completamente che l'amore si fa in due, in quattro e quattr'otto si libera del problema e buonanotte. In men che nulla tutto finito. Poi si fuma una sigaretta e non vede l'ora di andarsene. Forse questo il peggiore di tutti, perché una donna si sente completamente inutile.
Nella testa di Aldo cominciò a svolazzare l'idea di lasciar perdere. Si diceva: "Sarai capace di non essere aggressivo e nemmeno troppo baccalà? Sarai capace di non aprire bocca? Sarai capace di non tirarla per le lunghe senza per questo fare troppo in fretta? Dovrai essere maschio ma non molto; tenero misuratamente, aggressivo senza essere violento; non puoi essere né sadico né masochista; e soprattutto non devi mai dimenticare che non sei solo,ma con una donna che sa il fatto suo!" E mentre Aldo si perdeva in questi pensieri, Patrizia continuava la sua rassegna degli erotismi sbagliati. Adesso s'era addentrata nel gravoso problema della simultaneità del piacere: "Un uomo e una donna non potranno dire di aver fatto all'amore se il piacere ognuno l'ha provato per conto suo, in due momenti diversi". Quest'ultima affermazione di Patrizia tagliò la testa al toro: Aldo cominciò a guardare l'orologio. Si alzò in piedi.
Gli ultimi minuti di quella piacevole serata a due li trascorsero parlando dell'azienda, del suo presente difficile e delle diverse prospettive di sviluppo. E così, il giorno dopo, Aldo finì nel novero degli amici d'ufficio. E in poco tempo, agli occhi di Patrizia, perse la sua incredibile somiglianza con Paul Newman.